Smetto quando voglio”…ma non smette mai e questo è il problema. Alla vecchia storia che racconta qualsiasi tossicodipendente qualcuno ancora crede e così invece di aiutarlo ne è inconsapevolmente complice.
Non è con la condiscendenza né con le belle parole che si aiuta un cocainomane a smettere, ci vuole ben altro per sconfiggere il costoso mostro bianco: la cocaina.
È necessaria l’azione e come prima cosa dire alla persona (marito, moglie, figlio, figlia o qualsiasi persona cara) che non ha più posto in famiglia e poi agire di conseguenza invitandola a uscire dalla loro vita, letteralmente.
Cambiare le serrature dell’abitazione, sequestrare le chiavi dell’auto di casa, sospendere tutte le fonti di denaro e fare tutte quelle azioni che allontanano il pericolo della cocaina da casa: pericolo di violenza, furti, manomissioni, ecc.
Questa è l’unica strategia che funziona, statisticamente.
È auspicabile che il cocainomane, messo alle strette, torni per un attimo in sé e chieda finalmente aiuto.
Questo aiuto dev’essere efficace e deve assolutamente comprendere un soggiorno in una comunità di recupero per mettere distanza tra il cocainomane e la cocaina con tutti i suoi annessi: spacciatori, “amici” che si drogano, ambiente familiare, ecc. e per ricostruire quello che è stato distrutto: l’onestà, la fiducia reciproca, l’autostima e tutti quei valori fondamentali e naturali che rendono una persona degna di partecipare davvero alla sua famiglia ed al suo nuovo ambiente.
Quando invece è lo stesso cocainomane a chiedere aiuto è opportuno chiamare subito una comunità di recupero senza perdere tempo con altri tentativi che lo lascino legato al suo ambiente abituale.
Colloqui con psicoterapeuti, psicofarmaci psichiatrici, terapie al cervello sono rischiosi e possono peggiorare la situazione nella maggior parte dei casi perché il cocainomane, oltre a non smettere con la cocaina, si può ritrovare con ulteriori dipendenze.